Sono andata a vedere Babylon in una domenica mattina invernale piacevolmente soleggiata. Mi sono sorpresa moltissimo quando le due casse aperte erano intasate. È chiaro che il doversi destreggiare tra cassa e bar delle operatrici ha causato due sostanziose file, ma scoprire che la domenica mattina in tanti scelgono di andare in sala mi ha fatta in qualche modo felice. Considerando che in questa occasione sono arrivata al cinema con un po’ di pregiudizio nei confronti dell’ultimo lavoro di Damien Chazelle, ho percepito come buon auspicio il sole e la fila alle casse.
Babylon è una chiara e semplice dichiarazione d’amore per il cinema

Quando la mia attesa in fila stava per terminare è accaduto un altro episodio che mi ha sorpreso e mi ha aperto una riflessione. Riflessione che in qualche modo credo si possa avvicinare al senso del film di Chazelle. Una donna, più meno sulla cinquantina di anni, dall’aspetto dolcemente materno ma anche un po’ Bridget Jones, ha ordinato prima di me una porzione grande di pop corn, una Coca Cola e un biglietto per The plane, un action movie con Gerard Butler. Una sorpresa (a volte si è vittime dell’aspetto stereotipato): pensavo che la signora sarebbe stata una collega di proiezione, che avesse chiesto un posto per Babylon.
Io ho scelto un drammatico d’autore e lei puro intrattenimento. Ognuno ha un amore tutto suo per il cinema, un rapporto speciale che si costruisce su tantissimi aspetti, qualcosa di cui si sente l’esigenza per stupirsi, per commuoversi, per avere paura… Tutti hanno un comune denominatore: scegliere di vivere una storia che inizia e finisce, ma che lascia dentro una emozione. È chiaro che in Babylon, Chazelle abbia sentito l’esigenza di urlare la sua dichiarazione d’amore per la settima arte, per quella magia che si accende in sala e permette ai cuori degli spettatori di battere forte.
Non solo magia ma anche orrore e bruttura

Dal muto al sonoro: il viaggio di Babylon inizia nei primi anni della Hollywood dorata quando le immagini erano accompagnate da musica live e didascalie, per poi raccontare il passaggio al sonoro e la crisi che si portò dietro per gli attori. I protagonisti sono un divo che beve molto e cambia moglie molto spesso (Brad Pitt). Un immigrato messicano sconosciuto che fa il galoppino e sogna di diventare regista (Diego Calva). Una prorompente e promettente attrice in cerca del suo successo (Margot Robbie). Tutti e tre sono ambiziosi, come del resto tutti i personaggi di Chazelle, e sono disposti a tutto per arrivare sul set.
La ricchezza visiva, con i movimenti di macchina e grandi scene corali, che tanto avevano colpito in La La Land non mancano. Ll’ingresso in scena su musica di Margot Robbie è esteticamente molto bello. Le scene più riuscite sia dal punto di vista tecnico ma anche di scrittura, sono proprio quelle più ricche: una festa sfarzosa, i set del cinema muto dove accade l’inverosimile e quella del sonoro dove saltano i nervi a tutti. Il resto è solo rumore.
Chazelle fa centro quando i suoi personaggi stanno zitti
“Il cinema non è un’arte minore” dice il protagonista di Babylon alla moglie che scinde l’arte tra quella elitaria e quella popolare, a cui il cinema appartiene (?) e fa piacere che Chazelle lo ricordi dando un senso politico a tutto lo sfarzo mostrato. Se il cinema è arte popolare questo non lo rende “minore”, forse la rende più amplificata e quindi importante. Fa sempre piacere quando si vomita in faccia alle élite che deridono chi non è del loro rango o che usano il pietismo nei confronti delle minoranze. Nonostante questo però i personaggi del film sproloquiano troppo del nulla e a volte si perde un po’ di quella smisurata magia che Damien Chazelle con cura del dettaglio mette in scena.
Sono felice di aver visto questo film perché Margot Robbie è bravissima (e non è una mazza di scopa come la povera Emma Stone in La La Land, è chiaro che Chazelle ha sbagliato attrice nel precedente film), perché nonostante non ci troviamo io e Chazelle apprezzo il fatto che l’autore continui la sua esplorazione in personaggi che cercano il successo nell’animalesco mondo dello spettacolo, perché ho abbattuto il mio pregiudizio vedendo un film che celebra ciò che più amo (la sequenza finale seppur – trasbordante – mi ha fatto venire i brividi.
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